Articoli

Come diagnosticare e trattare le patologie prostatiche nel cane

2020/07/02

Risultato4,5 (2 Voti)

Le due tipologie di patologie prostatiche di più frequente riscontro nel cane sono l’aumento di volume della prostata di natura non neoplastica (iperplasia prostatica benigna - IPB) e le forme infiammatorie (prostatite).

Come negli esseri umani, anche nel cane la ghiandola prostatica è l’unica ghiandola accessoria dell’apparato riproduttore. La sua principale funzione è quella di secernere un fluido leggermente alcalino, che è il componente principale dell’eiaculato (circa il 90% del volume seminale), e che insieme agli spermatozoi prodotti nei testicoli costituisce il seme.

Le due tipologie di patologie prostatiche di più frequente riscontro sono l’aumento di volume

della prostata di natura non neoplastica (iperplasia prostatica benigna - IPB) e le forme infiammatorie (prostatite); occasionalmente nella pratica clinica si può osservare una metaplasia prostatica o una neoplasia prostatica, condizione che rimane comunque estremamente rara.

Iperplasia prostatica benigna - IPB

L’iperplasia prostatica benigna è la più comune malattia androgeno-dipendente; la sua incidenza aumenta con l’età ed è associata al testosterone, il principale androgeno circolante nei maschi. Il testosterone viene metabolizzato nella prostata dall’enzima 5α-reduttasi in diidrotestosterone (DHT), il suo metabolita biologicamente attivo.

Come risultato della stimolazione androgena, le cellule prostatiche proliferano (iperplasia), con il conseguente aumento delle dimensioni delle cellule (ipertrofia). I segni clinici sono di solito ritardati, fino a quando il marcato aumento di volume dell’organo porta allo stadio sintomatico.

I cani di solito si presentano con uno scolo prepuziale da sieroso a sanguinolento indipendente dalla minzione, ematuria, emospermia, tenesmo, difficoltà alla defecazione e talvolta alla minzione, andatura rigida, feci a nastro e costipazione.

Nei maschi non riproduttori il trattamento di elezione è la castrazione chirurgica, poiché i testicoli sono la principale fonte di testosterone. Nei casi in cui la castrazione non è possibile, a causa ad esempio di un elevato rischio anestetico, o se si tratta di riproduttori di elevato valore, in cui è necessario preservare la fertilità, l’impiego di osaterone acetato si è dimostrato efficace. Questa molecola è un antiandrogeno steroideo, che riduce l’assorbimento degli androgeni da parte del tessuto prostatico, inibendo l’azione della 5α-reduttasi e bloccando i recettori degli androgeni; in tal modo la prostata può tornare alle dimensioni normali senza compromettere la fertilità.

Un altro principio attivo disponibile utile nel trattamento dell’IPB è la deslorelina acetato, agonista sintetico del GnRH, disponibile sotto forma di impianto sottocutaneo a lento rilascio. La deslorelina acetato inibisce in modo reversibile l’asse gonadico e, dopo un iniziale periodo di stimolazione (effetto flare up), sopprime la produzione di FSH e LH e di conseguenza si riduce il testosteronecircolante; tutto ciò esita in una riduzione delledimensioni della prostata, della libido, del comportamento sessuale e della produzione di spermatozoi, similmente agli effetti che si riscontrano in seguito alla castrazione chirurgica. Il ritorno alla normale fertilità inizia a partire da 6 mesi dopo un singolo impianto, ma la riduzione della dimensione della prostata viene osservata fino a 11-12 mesi dopo l’impianto.

Prostatite

L’infiammazione della prostata è il secondo disturbo prostatico più comune nel cane. Colpisce i cani di qualsiasi età, più frequentemente quelli interi rispetto ai maschi castrati. Di solito, è causata da agenti infettivi, ma a volte si può anche osservare un’infiammazione asettica. Molto spesso è provocata da batteri provenienti per via ascendente dall’uretra, tuttavia i microrganismi possono anche provenire da altre parti del corpo, in particolare nel caso in cui il sistema immunitario sia compromesso. Abbastanza frequentemente viene diagnosticata secondariamente ad altre condizioni che colpiscono la prostata come l’IPB, o dopo un trattamento ormonale (androgeni ed estrogeni).

La prostatite può essere acuta con insorgenza improvvisa, o più comunemente cronica, nel caso in cui un disturbo rimanga inosservato per lungo tempo. L’infiammazione può portare alla formazione di ascessi o cisti prostatiche piene di pus. La forma acuta può causare grave depressione, febbre, dolore e andatura rigida, mentre la forma
cronica può essere asintomatica, portando solo a sterilità nei maschi riproduttori per via della scarsa qualità del seme. L’analisi delle urine, l’analisi del liquido prostatico ottenuto raccogliendo l’eiaculato (spesso impossibile se doloroso) o mediante massaggio prostatico sono di solito sufficienti per la coltura batteriologica e i test di sensibilità.
Sia la prostatite acuta che quella cronica devono essere trattate con antibiotici, tuttavia solo nella forma acuta si ha un’interruzione della barriera sangue-prostata, che consente un’adeguata diffusione del farmaco nel tessuto prostatico. Nella forma acuta l’antibiotico dovrebbe essere scelto sulla base dei risultati dei test di sensibilità e somministrato per 3-4 settimane; inizialmente, quando i sintomi sono più gravi, assieme a una terapia di supporto come fluidi per via endovenosa e farmaci per il controllo del dolore (FANS).

Nella forma cronica, l’incapacità di molti antibiotici di penetrare nell’epitelio prostatico limita l’efficacia del trattamento. L’epitelio prostatico è infatti dato da una membra-
na lipidica, che è attraversata efficacemente solo dai farmaci lipofili (trimetoprim, clindamicina, cloramfenicolo, eritromicina e fluorochinoloni), che vanno somministrati per 4-5 settimane e nei casi resistenti fino a 12 settimane. Spesso è anche necessario un trattamento antiandrogenico, poiché molti casi di prostatite si sviluppano come
conseguenza dell’IPB.

Neoplasie

Nel cane le forme neoplastiche prostatiche sono rare, in genere colpiscono i maschi sterilizzati e, sfortunatamente, non rispondono bene al trattamento attualmente disponibile. I tumori possono avere origine all’interno della ghiandola (principalmente carcinoma) o diffondersi alla prostata in provenienza da altre parti del corpo. I segni clinici sono simili a quelli di altre malattie prostatiche, le dimensioni della prostata possono rimanere normali o, se si riscontra una prostatomegalia, la ghiandola è spesso asimmetrica e irregolare.

La diagnosi di una malattia prostatica in un maschio castrato porta sempre un elevato sospetto di una lesione cancerosa. Il carcinoma prostatico è associato a prognosi sfavorevole, poiché al momento della diagnosi spesso sono già presenti metastasi.

La maggior parte dei protocolli chirurgici, radio-terapici o chemioterapici ha dimostrato di avere gravi effetti collaterali o di non aumentare la durata della vita del cane. Poiché non è disponibile alcun trattamento curativo efficace, a tali pazienti possono essere somministrate solo cure palliative e di supporto. Si è osservato che il piroxicam
(inibitore non selettivo delle COX; 0,3 mg/kg/die, PO) e altri FANS (carprofen 2,2 mg/kg, PO, bid) hanno prolungato il tempo di sopravvivenza mediana fino a 6 mesi.

La metaplasia squamosa si osserva nei cani maschi colpiti da tumori estrogeno-secernenti (sertolioma) o esposti a una fonte esogena di estrogeni. Le elevate quantità di estrogeni secreti portano all’ostruzione duttale e alla formazione di cisti o ascessi. I tessuti periuretrali vanno incontro a trasformazione metaplastica dell’epitelio che da
non stratificato assume un aspetto multistrato, e a degenerazione cellulare epiteliale con uno strato superficiale di cellule cheratinizzate.
I reperti più comuni sono una prostatomegalia clinicamente lieve e un elevato numero di cellule squamose nel fluido prostatico.
Il trattamento prevede semplicemente la rimozione della fonte di estrogeni, ovvero la castrazione chirurgica o la sospensione dei farmaci conte-
nenti estrogeni. I disturbi della prostata variano per gravità, opzioni di trattamento e prognosi. I segni clinici sono simili indipendentemente dalle condizioni, rendendo difficile la diagnosi clinica e il trattamento.

A oggi i migliori risultati sono stati osservati con la terapia combinata, usando insieme antibiotici e antiandrogeni. Tuttavia, i risultati già ottenuti sull’uso di agonisti e antagonisti del GnRH sono molto promettenti. Si spera che ulteriori studi dimostreranno la loro sicurezza ed efficacia, così da poterne generalizzare l’uso in futuro.

 

Wojciech Nizański1

1. Department of Reproduction, Wrocław University of
Environmental and Life Sciences

Per saperne di più

- Cunto M, Mariani E, Anicito Guido E, Ballotta G, Zambelli D. Clinical approach to prostatic diseases in the dog. Reprod Domest Anim. 2019 Jun;54(6):815-822. doi:10.1111/rda.13437.
- England GCW, Heimendahl von A (eds), BSAVA Manual of canine and feline reproduction and neonatology, 2nd edition, BSAVA Gloucester 2013, pp. 191-211.
- Leroy BE. Northrup N. Prostate cancer in dogs: Comparative and clinical aspects. The Veterinary Journal. 2009 May;180:149–162. https://doi.org/10.1016/j.tvjl.2008.07.012.
- Lévy X, Nizański W, von Heimendahl A, Mimouni P.Diagnosis of common prostatic conditions in dogs: an update. Reprod Domest Anim. 2014 Jun;49 Suppl 2:50-7. doi:10.1111/rda.12296.
- Nizański W, Levy X, Ochota M, Pasikowska J.Pharmacological treatment for common prostatic conditions in dogs - benign prostatic hyperplasia and prostatitis:an update. Reprod Domest Anim. 2014 Jun;49 Suppl 2:8-15. doi: 10.1111/rda.12297.

 

In breve

Grazie all’attività di ricerca di un gruppo di ricercatori dell’ISS, pubblicata sulla rivista ALTEX1 e finanziata dall’Innovative Medicine Initiative nell’ambito del progetto “Vaccine batch to vaccine batch comparison by consistency testing” (VAC2VAC), è stato messo a punto un test in vitro che consente di controllare i lotti di vaccini senza fare ricorso ad animali di laboratorio. “Questo metodo costituisce una valida alternativa al saggio dei pirogeni attualmente condotto sui conigli - dichiara Eliana M. Coccia, primo ricercatore del Reparto di Immunologia nel Dipartimento di Malattie Infettive (ISS) a capo del team di ricerca - ed è perciò in linea con la Direttiva 2010/63/EU sulla protezione degli animali utilizzati ai fini scientifici.

In particolare, nel saggio MAT i vaccini sono testati direttamente sui monociti umani presenti nel sangue periferico, che rappresentano le principali cellule in grado di attivarsi in presenza di pirogeni. Queste cellule rilasciano sostanze che inducono l’infiammazione, provocando quindi la febbre, come l’interleuchina 6 (IL-6), IL-1β e il
tumor necrosis factor alpha (TNF-α). Rilevandone l’eventuale presenza è possibile quindi stabilire se ci sono pirogeni nel vaccino da testare”.
 

1. https://www.altex.org/index.php/altex/article/view/1734