Partiamo dall’inizio: inquadriamo il Parvovirus dei cani
Quando si parla del Parvovirus canino facciamo riferimento ad un piccolo virus del DNA sprovvisto di envelope, che necessita di cellule in attiva moltiplicazione per replicarsi, come ad esempio quelle del tratto gastrointestinale o del sistema immunitario del cane (7). La sfida più ardua con il Parvovirus è il fatto che sia estremamente contagioso per via oro-fecale e che sia estremamente resistente nell’ambiente, condizioni che conducono a pericolosi episodi di reinfezione durante le epidemie.
Le recenti tipologie di vaccino per la parvovirosi del cane sono effettivamente protettive, ma è importante sottolineare il ruolo della cosiddetta “immunità di gregge”: in breve, quando un’alta percentuale di individui all’interno di una popolazione viene vaccinata si innesca un processo di salvaguardia anche per i soggetti non vaccinati. Tuttavia, se il numero degli esemplari vaccinati scende al di sotto della soglia critica, torna probabile una nuova diffusione dell’epidemia, teoricamente anche in soggetti vaccinati, con particolare riferimento alle razze più sensibili al Parvovirus canino, come ad esempio Rottweiler e Labrador (7).
Segni clinici e Diagnosi della Parvovirosi del cane
Ogni professionista del settore medico veterinario ha familiarità con i segni gastrointestinali emorragici acuti associati al Parvovirus. In particolare, è Importante che qualsiasi cucciolo con vomito e diarrea sia considerato a rischio, anche se ha già iniziato il primo ciclo di vaccinazione: proprio la diagnosi precoce e il rapido ricorso ai moderni trattamenti possono alzare notevolmente le probabilità di sopravvivenza.
La diagnosi differenziale è complicata a causa dei sintomi vaghi ed in qualche modo ascrivibili ad altre patologie, tra cui alimentazione non appropriata, la gastroenterite emorragica idiopatica dei cani, le infezioni da Salmonella ed E. coli, intussuscezione, ingestione di corpi estranei o presenza di tossine.
Per quanto riguarda i cuccioli vaccinati, la diagnosi di Parvovirus canino può essere difficoltosa se si è impiegato un vaccino ad alto titolo. Gli antigeni vaccinali, infatti, si diffonde nelle feci fino a 4 settimane dopo l’iniezione, ma può essere rilevato tramite alcuni test rapidi. Il virus di campo non viene rinvenuto nelle feci per le prime 24-48h dall’insorgenza di sintomatologia, in seguito è diffuso per un periodo dai 2 ai 7 giorni, per poi scemare dai 7 ai 14 giorni: per una diagnosi corretta bisognerebbe quindi ripetere i test rapidi.
Tests basati sulla tecnologia ELISA, o sulla tecnica dell’immunocromatografia come lo Speed Parvo di Virbac, possono essere utili per effettuare una corretta diagnosi, anche se va sottolineato che in presenza di animali con sintomatologia clinica compatibile, non bisogna mai escludere la possibile presenza di Parvovirus, anche di fronte ad un risultato negativo al test.
Come si svolge il trattamento
Gli animali colpiti dal Parvovirus canino si mostrano gravemente disidratati e con disturbi elettrolitici, condizioni che rendono la terapia tramite fluidi l’elemento probabilmente più importante del trattamento terapeutico. La cura dovrebbe infatti concentrarsi sul riequilibrio dell’idratazione, quindi sul recupero dei liquidi persi e sul mantenimento della soglia ottimale. Il bilancio elettrolitico deve essere monitorato attentamente durante la fase di reidratazione, in particolare per il rischio di sviluppo di ipopotassiemia e ipoglicemia, disturbi che possono verificarsi in maniera rapida in soggetti colpiti da fenomeni emetici e non in grado di un veloce recupero, come ad esempio gli esemplari giovani e/o anoressici.
Nel caso in cui si riscontri una grave perdita di proteine gastrointestinali, va considerato l’impiego di colloidi: esiste però la possibilità di una maggiore permeabilità capillare, per cui, se i colloidi vengono utilizzati esclusivamente per la rianimazione di grandi volumi, si incorrerà nel rischio di formazione di un edema interstiziale. Una discussione più dettagliata sulla fluidoterapia esula dallo scopo di questo articolo, ma viene affrontata in altri testi di letteratura medica.
Ad ogni modo, a causa del danno dell’epitelio intestinale e della probabilità di neutropenia, esiste anche il rischio di traslocazione batterica, di infezioni secondarie e di setticemia. È pertanto indicato l’uso di antibiotici, finalizzato ad un’ampia copertura che comprenda batteri gram-positivi e anaerobici. In alcuni casi può essere necessaria anche una copertura nei confronti di batteri gram-negativi, fatto che implica un approccio multimodale.
È importante notare che alcuni antimicrobici sono stati collegati a determinati disturbi negli animali in crescita, come nel caso dei fluorchinoloni, associati ad artropatie legate al danno della cartilagine articolare nei cani di età compresa tra 4 e 28 settimane (8). Tenendo conto delle condizioni cliniche specifiche del soggetto visitato e delle considerazioni mediche concomitanti, è possibile effettuare una puntuale analisi del rapporto rischio-beneficio, così da poter strutturare una combinazione antimicrobica appropriata.
Gli antiemetici devono essere valutati sulla base della gravità del fenomeno del vomito, dal momento che un aumento dell’emesi, se non trattato, può esacerbare la disidratazione e lo squilibrio elettrolitico. Agenti come la metoclopramide possono essere somministrati in dosi sequenziali mediante infusione a velocità costante, ma è sempre fondamentale un attento monitoraggio: infatti, se da una parte la metoclopramide possiede proprietà procinetiche che possono essere utili nell’ileo, dall’altra può comportare il rischio di intussuscezione (8).
Altri antiemetici come il maropitant possono essere più efficaci, dal momento che prevengono sia le vie di emesi centrale che quelle periferiche, a differenza di altri farmaci che si concentrano su una sola tipologia di canale emetico. Gli agenti antidiarroici, poi, non sono raccomandati, poiché la ritenzione del contenuto intestinale potenzialmente compromesso da Parvovirus canino aumenta il rischio di traslocazione batterica e complicanze sistemiche.
All’interno del piano terapeutico, un ruolo significativo è interpretato dalla nutrizione. Prove recenti non supportano la teoria del aprirei parentesi per tradurre (niente per bocca) (4,6), anzi, nutrienti come la glutammina sono importanti per la salute degli enterociti e contribuiscono alla corretta sostituzione delle cellule durante il normale ricambio epiteliale, così come alla riparazione delle lesioni della mucosa. Attuare procedure di nutrizione precoce, inoltre, può ridurre la durata del ricovero. Alla nutrizione enterale precoce, infatti, ottenuta tramite sondino nasogastrico o esofagostomia, corrisponde un più rapido miglioramento clinico e un significativo più veloce aumento di peso rispetto alla prassi di ritardare la somministrazione di cibo fino a quando siano trascorse 12 ore dall’ultimo episodio emetico. Non solo: la nutrizione enterale precoce può anche migliorare la funzione di barriera intestinale, limitando la traslocazione di batteri o di endotossine (6).
Gli interferoni possono contare su proprietà anti-virali, anti-proliferative (neoplasie) e immunomodulanti, con particolare riferimento all’interferone omega, che viene rilasciato dalle cellule in risposta all’infezione virale. L’interferone ricombinante omega di origine felina, noto anche come rFeIFN (Virbagen Omega®, Virbac), è stato approvato nell’UE in relazione alla riduzione della mortalità e dei sintomi clinici di infezione da Parvovirus nei cani da un mese di età, con un dosaggio previsto in 2,5MU/kg da introdurre per via endovenosa una volta giorno per 3 giorni (11).
L’interferone agisce indirettamente, inducendo proteine antivirali, protein chinasi e 2’-5’-oligoadenilato sintetasi (2’-5’-OAS). L’uso di rFeIFN ha migliorato significativamente la gravità di enterite, vomito e anoressia, in fase di sperimentazione su Parvovirus. Più nello specifico, la somministrazione di interferone in questo campo, se combinata con i trattamenti precedentemente descritti, è stata ricondotta ad una riduzione della mortalità di 4,4 volte rispetto a un placebo. In una popolazione non vaccinata è stato riscontrato che, con la terapia di supporto, la mortalità si riduceva a meno del 3%.
Prognosi della Parvovirosi canina
Sono stati fatti tentativi per determinare con precisione gli indicatori prognostici. Misurazioni riferite alla leucocitopenia, alla linfopenia e all’ipoalbuminemia sono state associate a tempi di ricovero prolungati (3), mentre negli studi di Goddard et al. (1) si è evidenziato come, in relazione alla sopravvivenza, si sia verificato un aumento della conta dei linfociti tra le 24 e le 48 ore dopo il ricovero.
Conclusione
In ogni caso, quale che sia la tipologia di trattamento scelta per curare un soggetto affetto da parvovirus, è fondamentale agire tempestivamente, poiché con il progredire della malattia i microvilli intestinali si deteriorano portando ad un aggravamento delle condizioni generali e ad altri disturbi sistemici. Tenendo questo concetto come punto fermo, l’aspetto più importante dell’intero trattamento terapeutico è il precoce riconoscimento dei sintomi, da cui deve scaturire una veloce attuazione di un piano di cura adeguato: solo così si potrà contare sulle migliori chance per un esito positivo della terapia.
1) Goddard A, Leisewitz AL, Christopher MM, Duncan NM, Becker PJ Prognostic usefulness of blood leukocyte changes in canine parvoviral enteritis. J Vet Intern Med.2008 Mar-Apr;22(2):309-16
2) Ishiwata K1, Minagawa T, Kajimoto T. Clinical effects of the recombinant feline interferon-omega on experimental parvovirus infection in beagle dogs. J Vet Med Sci. 1998 Aug;60(8):911-7.
3) Kalli I, Leontides LS, Mylonakis ME, Adamama-Moraitou K, Rallis T, Koutinas AF. Factors affecting the occurrence, duration of hospitalization and final outcome in canine parvovirus infection.. Res Vet Sci. 2010 Oct;89(2):174-8..
4) Liu DT1, Brown DC, Silverstein DC. Early nutritional support is associated with decreased length of hospitalization in dogs with septic peritonitis: A retrospective study of 45 cases (2000-2009). J Vet Emerg Crit Care (San Antonio). 2012 Aug;22(4):453-9
5)Mari KDE, Maynard L, Eun HM, Lebreux B. Treatment of canine parvoviral enteriltis with interferon-omega in a placebo-controlled field trial Veterinary Record 2003 152, 105-108
6) Mohr AJ, Leisewitz AL, Jacobson LS, Steiner JM, Ruaux CG, Williams DA, Effect of Early Enteral Nutrition on Intestinal Permeability, Intestinal Protein Loss, and Outcome in Dogs with Severe Parvoviral Enteritis J Vet Intern Med. 2003 Nov-Dec;17(6):791-8.
7) Nelson RW DVM, Guillermo Couto C (2014). Small Animal Internal Medicine . 5th ed. London: Elsevier. 392-393, 457.
8) Riviere JE, Papich MG, (2009). Veterinary Pharmacology and Therapeutics. 9th ed. USA: Wiley-Blackwell. 1002-1003
9) Schmitz S, Coenen C, Matthias K, Heinz-Jürgen T, Neiger R. Comparison of Three Rapid Commercial Canine Parvovirus Antigen Detection Tests with Electron Microscopy and Polymerase Chain Reaction J Vet Diagn Invest. 2009 May;21(3):344-5
10) Sedlacek HS, Ramsey DS, Boucher JF, Eagleson JS, Conder GA, Clemence RG. Comparative efficacy of maropitant and selected drugs in preventing emesis induced by centrally or peripherally acting emetogens in dogs. J Vet Pharmacol Ther. 2008 Dec;31(6):533-7.
11) Virbagen Omega 10 MU for dogs and cats Summary of Product Characteristics EMA 2007