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Utilizzo dei test diagnostici rapidi in clinica

2020/06/30

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I test rapidi sono oggi un valido aiuto nella pratica clinica quotidiana, in quanto consentono di escludere o confermare la presenza di una patologia, riducendo i tempi necessari a concludere l'iter diagnostico.

L'indagine clinica necessita di uno schema preciso e ripetibile

Il corretto approccio alla diagnosi clinica prevede l’applicazione di uno schema preciso e ripetitivo. Una volta effettuata una visita approfondita e sottoposto il paziente a un esame obiettivo generale e particolare, il clinico elabora delle possibili diagnosi differenziali; per giungere al termine dell'iter diagnostico, può essere necessario ricorrere a ulteriori esami di approfondimento. Gli esami di laboratorio possono essere richiesti per confermare un’ipotesi diagnostica, per monitorare un paziente o per verificare la correttezza o la veridicità di esami precedenti. Importante è, quindi, non solo definire quale indagine scegliere, ma anche saper interpretare il risultato che viene fornito dal laboratorio.

Come decidere quale esame di laboratorio richiedere?

In linea generale, occorre:

  • identificare il biomarker maggiormente correlato all’evento clinico che stiamo valutando;
  • individuare la metodologia più valida per quel determinato esame;
  • individuare il substrato biologico più idoneo;
  • conoscere la sensibilità e la specificità del metodo;
  • conoscere il valore predittivo positivo o negativo del test, che è influenzato anche dal dato epidemiologico della patologia.

In commercio sono presenti numerosi kit commerciali ad uso ambulatoriale, che si basano su metodiche ELISA o di immunomigragrazione o di immunocromatografia rapida. La facilità di esecuzione e il buon rapporto sensibilità/specificità rende questi test rapidi adatti anche per esami di screening. L’esecuzione “preventiva” del test permette, in caso di positività, di mettere in atto fin da subito gli accorgimenti necessari per la salute del paziente

Qual è il ruolo dell'immunologia e della sierologia nella diagnosi delle malattie infettive?

La sierologia, nella diagnosi delle malattie infettive, consiste nella misurazione delle interazioni tra antigene e anticorpo, per identificare - a fini diagnostici - la presenza di un agente patogeno o l’avvenuto contatto. Tali interazioni possono identificare un anticorpo specifico, fornendo pertanto la prova che un animale è stato esposto a un agente patogeno (antigene), oppure possono essere utilizzati anticorpi specifici, atti a identificare un antigene nel campione che viene esaminato: tale prova è la dimostrazione di un’infezione, ma non evidentemente di malattia.

Immunomigrazione (IR) e immunocromatografia rapida (IC)

La maggior parte dei test rapidi presenti in commercio utilizzano metodiche di immunomigrazione o immunocromatografia rapida. Il siero – o eventualmente il sangue intero - in cui sono potenzialmente presenti gli anticorpi viene fatto migrare su un substrato. Gli anticorpi presenti nel campione si legano a un antigene del substrato marcato con sostante particolari (rivelatori); a questo punto, il complesso antigene-anticorpo “migra” fino a incontrare un anticorpo secondario, con il quale forma un secondo complesso. Grazie alla presenza dei rivelatori con cui gli anticorpi si sono legati, in caso di positività comparirà una banda ben visibile ad occhio nudo. In questi casi, si parla di test indiretti, in quanto evidenziano la presenza di una risposta da parte dell'ospite (è il caso, ad esempio della frazione FIV di Speed Duo FeLV/FIV).

Sfruttando queste tecniche è possibile evidenziare anche la presenza di antigeni, secondo un procedimento simile. In questi casi, si parla di test diretto, poiché consente di confermare la presenza del patogeno, come accade per Speed Giardia, ad esempio. 


Quali sono le caratteristiche dei test diagnostici?


Limitazione importante, che accomuna qualsiasi test diagnostico, è rappresentata dal fatto di poter incorrere in falsi positivi e falsi negativi: nessun test può diagnosticare in modo accurato e sicuro al 100% la presenza o l’assenza di una malattia. Occorre quindi accettare il fatto che la sensibilità e la specificità di un test utilizzato per diagnosticare una malattia infettiva non potranno mai raggiungere il 100%.

Ricordiamo che:

  • la sensibilità diagnostica di un test è la sua capacità di identificare correttamente gli animali malati, ossia la probabilità che un animale malato risulti positivo al test impiegato, ossia ancora, la percentuale di test eseguiti su animali malati che risultano positivi;
  • la specificità diagnostica di un test è la capacità di identificare correttamente gli animali sani, ossia la probabilità che un animale sano risulti negativo al test impiegato, ossia ancora, la percentuale di test eseguiti su animali sani che risultano negativi.

Qual è il ruolo dei test rapidi nella pratica quotidiana?

I test rapidi possono essere considerati un primo importante step diagnostico, rappresentando un buon compromesso tra semplicità di utilizzo, rapidità di risposta da un lato, e buona sensibilità e specificità dall’altro. In caso siano necessari ulteriori accertamenti/approfondimenti, come in caso di risposte dubbie, o che non si allineano con i rilievi clinici, risultano evidentemente imprescindibili test laboratoristici più accurati, dotati di maggiore efficienza diagnostica. Ricordiamo come sia sempre necessario - prima di acquistare un test - valutare accuratamente quale test rapido possiede le migliori performance, documentandosi con lavori scientifici e schede tecniche. Non tutti i test rapidi posseggono infatti la stessa accuratezza diagnostica.

Quali sono i limiti dei test diagnostici?

Sensibilità e specificità, caratteristiche proprie del test diagnostico, risentono delle probabilità “pre-test”: sono influenzate dalla reale prevalenza/incidenza della malattia nella popolazione testata.

Ossia, l’esito POSITIVO di un test diagnostico in una popolazione in cui l’incidenza della malattia testata è bassa (poco prevalente), anche in caso di test ad elevata sensibilità e specificità, ha probabilità più elevate di essere un falso positivo, rispetto ai casi in cui lo stesso identico test venga eseguito in una popolazione con un’elevata prevalenza/incidenza della malattia.

Quindi, una volta eseguito il test, occorre ricordare che il risultato risente della prevalenza della malattia ricercata nella popolazione esaminata.